Recensioni, Film, Top News
0
Alessio Zuccari
Argylle - La super spia: recensione del nuovo film spy-action di Matthew Vaughn
Tags: argylle, Bryce Dallas Howard, Matthew Vaughn, sam rockwell
Per una buona parte di Argylle – La super spiea c’è una trovata narrativa che aggira la sensazione di trovarsi di fronte all’ennesimo caso di spy-action demenzial-digitale. E con spy-action demenzial-digitale intendiamo quella schiera di film fatti tutti di plastica, di grandi star dai volti inscalfibili – sia mai tumefare il primo piano – e di un girovagare per il globo per lo più in green screen tra una battuta e la successiva. Pensateci, ve ne verrà in mente almeno uno. E se non arriva, beh… è comunque una risposta eloquente.
Ma si diceva: Argylle – La super spia in un primo momento riesce a scansarsi di lato. La sceneggiatura di Jason Fuchs tiene il tutto per i capelli, appena sopra la superficie dell’acqua e giusto giusto per fargli prendere un po’ di ossigeno. Ed è una trovata che si alimenta e risolve a partire dall’ispirazione che Argylle – La super spia sembra avere, cioè di basarsi su un libro omonimo scritto da una tale Elly Conway che è anche nome della protagonista interpretata da Bryce Dallas Howard.
E pure la Elly Conway della pellicola è una scrittrice. Nello specifico di una apprezzata saga di romanzi spionistici che sembrano però aver attirato l’interesse del Direttorio, una società occulta di agenti segreti guidata da tale Ritter (Bryan Cranston). Questo perché le storie raccontate nei suoi libri in qualche modo anticipano le mosse e le ragioni del malvagio Direttorio e dei suoi avversari. Glielo spiega Aidan (Sam Rockwell), spia che ha il compito di tirare fuori a suon di botte e scontri a fuoco una confusissima Elly da un pasticcio più grande di lei.
Nel gioco di rimpallo che Argylle – La super spia qui instaura con lo spettatore c’è allora quella deviazione dal seminato che trova quantomeno una piccola riconfigurazione sul ludico del film. È un divertimento che pone a sua inventiva l’esser consapevole di azzerare la distanza tra l’inventiva stessa e l’abitudine del pubblico nei confronti di una formula che quest’ultimo ha già ampiamente assorbito. È un’operazione avvitato e quasi fastidiosamente furba; eppure della sua furbizia si sostanzia.
L’aggiramento del classico schema dell’avventura action ai tempi degli algoritmi si arena però proprio sul più bello. Ovvero quando il film potrebbe spingere ancora ulteriormente sul fronte del dialogo e del gioco con uno spettatore preso, nello specchio con Elly, a protagonista di una storia che va proprio nella direzione in cui egli suppone il tutto andrà. Che insomma già sa, perché conosce un pattern trito e ritrito: sa chi sono i cattivi, sa chi sono i buoni, sa chi sono i doppiogiochisti, sa che la posta in gioco è il solito macguffin e quindi sa anche qual è l’unico esito possibile a questa rincorsa per il globo. E suppone probabilmente pure il colpo di scena di Argylle – La super spia, che nel suo effettivo verificarsi imbocca la via più conservativa e spezza quella sottile adesione ad un intrattenimento fino a quel momento tenuto per un pelo di gatto fuori dal solito convenzionale.
Procedendo da questo momento in poi crolla tutto il sipario. Si acuisce l’insofferenza nei confronti della regia di un Matthew Vaughn a cui non riesce il rimpallo autoreferenziale, perso appresso al tentativo un po’ pastrocchiato di inseguire la sua personale cifra stilistica. La sequenza clou del lungo combattimento di coppia verso il finale del film, ad esempio, non ingrana per toni e per ritmo. Senza contare che questa sarà poi seguita da altre due – due! – ulteriori scene action. Le eco dei Kingsman giungono appunto solo come tali, soffocate dallo scendere a patti con un film che ha l’esigenza di farsi più ammansito nella forma (pugni, calci e colpi esplosi sono tutti di gomma) e tollerante con l’effetto sorpresa. Piovono infatti guest star, dalla sponsorizzatissima Dua Lipa (nella traccia musicale d’apertura e un po’ nello score) che è specchio per le allodole, passando per una capatina di Ariana DeBose e un Samuel L. Jackson che ormai è parodia sua e dei suoi personaggi.
Una delle poche scelte davvero azzeccate, e che sono fino in fondo in dialogo con il dentro e il fuori dell’opera, è l’aver ingaggiato Henry Cavill per fare sostanzialmente la parte di un personaggio scritto e inventato anche all’interno della finzione. E lui, che è grande, grosso e scolpito nella sua carriera attoriale come prototipo del Superman o della spia (già in Operazione U.N.C.L.E. e Mission: Impossible – Fallout) assolve con gusto a questo doppio vezzo metanarrativo. Ma per il resto il salto carpiato di Argylle – La super spia si sciupa in uno schianto di pancia, inciampato sullo stesso trampolino che solleticava per darsi uno slancio che non arriva mai.
Argylle – La super spia è al cinema dal 1° febbraio.