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True Detective - Night Country: recensione della quarta stagione della serie
Alessio Zuccari

True Detective - Night Country: recensione della quarta stagione della serie

Tags: jodie foster, kali reis, true detective - night country
True Detective - Night Country: recensione della quarta stagione della serie
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Alessio Zuccari

True Detective - Night Country: recensione della quarta stagione della serie

Tags: jodie foster, kali reis, true detective - night country

Torna uno degli show thriller più amati dell’ultimo decennio. Tra depistaggi ed esoterismo, la formula non funziona però come vorremmo.

La fortuna di True Detective è stata anche il suo peccato originale. A dieci anni di distanza dall’iniziale messa in onda, la serie creata da Nic Pizzolatto non si è mai smarcata dall’incredibile successo della prima stagione. Matthew McCounaghey e Woody Harrelson, in performance tra le migliori della loro carriera, non hanno lasciato scampo a ciò che li ha seguiti. Il secondo e corale rintocco dello show antologico, nonostante i suoi evidenti difetti, ricevette infatti un’accoglienza oltremodo fredda, mentre il terzo appuntamento con protagonista Mahershala Ali ritrovò una gravitas forse anche un pelo troppo tenebrosa. I conti sembravano finire qui, ma la serie è tornata ancora con True Detective – Night Country. Nic Pizzolatto esce però di scena – rimanendo solo come produttore esecutivo – e lascia le redini come showrunner e regista alla messicana Issa López.

La trama e i personaggi di True Detective – Night Country

True Detective - Night Country: recensione della quarta stagione della serie
Photo Credits: Sky

Si cambia allora anche in questa occasione personaggi e location. Protagonista è la cittadina di Ennis, piccolo buco di umanità nel freddo dicembre dell’Alaska dove si scontrano di continuo la tradizione di un popolo nativo con gli interessi di una corporazione mineraria. L’anno sta per volgere al termine e sullo stato più a nord degli Stati Uniti è prossima a calare una notte perenne che durerà per settimane. Uno scenario gelido e derelitto in cui si trascinano la spigolosa capa della polizia Liz Danvers (Jodie Foster) e la decisa poliziotta nativa Evangeline Navarro (Kali Reis), due anime agli antipodi che condividono uno spettro in comune e alle prese con situazioni familiari disperate.

E nonostante le due lavorativamente non collaborino da tempo, si ritrovano a indagare insieme su un inquietante morte di gruppo: alcuni scienziati di una locale base di ricerca sono stati ritrovati nudi, assiderati e stravolti a molta distanza dalla struttura. True Detective – Night Country fa da qui subito all-in. Sin dal primo episodio, su di un totale di sei, pare non voler lasciare dubbi di sorta. Danza con l’idea di un sovrannaturale non evocato, non atmosferico, non filosofico, ma concreto e ricorrente. Fantasmi, visioni, leggende assumono la forma di un elemento strutturale e che tormenta anche una scettica nel midollo come lo è Danvers.

Si alza, insomma, tantissimo il termometro di un esoterico che pare venga offerto come l’unico dato di fatto per descrivere un contesto dalle radici ancestrali. Questo vuol dire che nel momento in cui si inclina in maniera così netta il piano, su cui invece ballava per tutto il tempo la prima stagione, è davvero complesso poi, qualora lo si volesse fare, tornare sui passi della razionalità. E sia chiaro: non si tira in ballo il confronto con la storia di cui sono protagonisti McCounaghey e Harrelson solo per tirare un velenoso colpo mancino. Lo si fa perché è proprio True Detective – Night Country, in uno dei maggiori testacoda della stagione, ad attirarsi addosso il desiderio del paragone.

Depistaggi e misticismo come armi a doppiotaglio

True Detective - Night Country: recensione della quarta stagione della serie
Photo Credits: Sky

O meglio, più che un paragone nelle intenzioni sarebbe forse un amo con cui ammiccare agli spettatori. Che, si sa, col desiderio tornano sempre alla serie così come l’hanno conosciuta nel 2014. Infatti non c’è altra spiegazione al perché questa stagione di True Detective decida di rendere, ad esempio, elemento ricorrente un simbolismo come quello della spirale di Carcosa. Un gancio qui rifunzionalizzato con altro significato, altra collocazione e, soprattutto, senza un reale sfogo una volta che si vanno a tirare le fila dell’indagine. È una strizzata d’occhio che rimane tale, troppo facile da smascherare nella sua vuota furbizia anche perché inserita in un’operazione editoriale non avvezza ad assorbire giochi del genere. Per intenderci, faceva qualcosa di simile WandaVision quando sceglieva nel cast Evan Peters per fare da fratello a Wanda, anche lì sterile ponte metatestuale a cui i fan del MCU però sono, per natura del progetto, maggiormente predisposti.

Ed è necessario porre in evidenza così tanto questi elementi di True Detective – Night Country perché sono quelli che rosicchiano le caviglie del lavoro di López. Sono il bastone su cui si appoggia lo sviluppo di un’indagine che troppo poco riesce a mettersi in dialogo con sguardo antropologico sul degrado di una città inquinata nel fisico e nell’animo dallo sfruttamento industriale, e che troppo invece affida le sue sorti al misticismo. Irresistibile e dolente è la Danvers di Foster, contrita nei modi e nel come le parole le si strappano dalla bocca, così come è un volto cinematografico incredibile quello di Reis, possente e fragile allo stesso tempo.

Ma i loro personaggi e tormenti sembrano appartenere costantemente a una categoria superiore rispetto alla storia che li contiene, che altro non è che uno sforzo buffo e contorto, a un certo punto anzi quasi grottesco e macchiettistico. Un peccato come la stagione si perda dietro ai suoi stessi depistaggi, così facendo dimostrandosi non in grado di preparare il terreno all’argomentazione umanissima che sorregge la ferocia del finale, che a quel punto assume i connotati di una retorica e non di un vessillo.

True Detective – Night Country è disponibile su Sky e NowTV.

Guarda il trailer italiano di True Detective – Night Country:

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