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Dune - Parte due: recensione del film epico con Timothée Chalamet e Zendaya
Alessio Zuccari

Dune - Parte due: recensione del film epico con Timothée Chalamet e Zendaya

Tags: denis villeneuve, dune - parte due, Timothée Chalamet, zendaya
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Alessio Zuccari

Dune - Parte due: recensione del film epico con Timothée Chalamet e Zendaya

Tags: denis villeneuve, dune - parte due, Timothée Chalamet, zendaya

Denise Villeneuve firma il secondo capitolo della saga di Arrakis. Dinamizza il tutto rispetto all’opera precedente, ma non è tutta spezia quella che luccica.

Dune – Parte due è un film figlio e vittima della sua epica. Lo era già il primo capitolo, ribattezzato sul grande schermo da Denis Villeneuve a partire dal denso ciclo romanzo di Frank Herbert. Mutuando un forse abusato ma ficcante neologismo utilizzato per descrivere il recente cinema horror di registi come Ari Aster o Robert Eggers, si può dire che Villeneuve abbia optato per la via dell’elevated sci-fi. Cioè di un genere pop che si raffina. E quindi per la messa in scena di una fantascienza contemplativa prima che di movimento, dilatata nell’osservazione e nell’esposizione dei rapporti di scala che legiferano sulle persone, sui popoli, sugli imperi e sui pianeti come quello desertico di Arrakis.

Talvolta troppo dilatata, addirittura innamorata dei campi lunghi e dei panorami dove le sabbie delle dune sembrano davvero un mare dorato in cui però è facile perdersi a guardare. Anche se c’è da ammetterlo: come guarda Villeneuve a questa vastità su cui calano navi gargantuesche e tramonti mozzafiato probabilmente, oggi, quasi nessun altro. Ma Dune cela di più. È un racconto ramificato sopra i concetti di profezia, predestinazione, religione, politica e guerra. È un materiale magmatico su cui qualcuno è scivolato (David Lynch) e a cui qualcuno non è mai arrivato (Alejandro Jodorowski).

Una storia che sembra strabordare dai confini del film

Dune - Parte due: recensione del film epico con Timothée Chalamet e Zendaya
Photo Credits: Warner Bros. Pictures

C’è da comprendere allora la volontà del regista canadese di spezzare in due parti la parabola del giovane Paul Atreides (Timothée Chalamet), che dopo aver assistito nella prima, letargica porzione all’annientamento del proprio casato ed essersi unito al popolo indigeno dei Fremen, adesso è chiamato a combattere con loro nel tentativo di ottenere vendetta. E Dune – Parte due si dinamizza di più rispetto al predecessore, il cui aspetto era in fondo quello di un lungo ed elegante prologo. Fosse solo perché deve far compiere al suo protagonista un viaggio nelle ambiguità delle macchinazioni politiche che confinano con l’integralismo della fede.

Qui sta l’aspetto più affascinante della sceneggiatura firmata ancora da Villeneuve assieme a Jon Spaihts (ma stavolta con Eric Roth che si ferma al trattamento). Qui sta anche uno dei talloni d’Achille del film. Nel nutrire la storia con un sempre considerevole apporto di personaggi vecchi e nuovi (Stilgar di Javier Bardem, Gurney di Josh Brolin, ma pure la principessa Irulan di Florence Pugh, l’imperatore di Christopher Walken e Lady Fenrig di Léa Seydoux), l’ambizione di tessere la rete machiavellica – e femminile – che governa sulle pallide ambizioni degli uomini è sempre un gradino oltre l’effettiva capacità dello script di scandire i giusti tempi e i giusti modi.

Si distende una storia che insomma pare strabordare dai confini del racconto come lo vediamo. C’è un perenne sentore di un resto che non è narrato, di una mutazione nei rapporti intimi e nelle percezioni collettive che si alimenta nelle parole dei personaggi e, di rimando, solo nell’evocazione del fuoricampo – quel sud di Arrakis che troppo poco è mostrato e posto in discussione. Il punto di Dune – Parte due è che da eletto liberatore, Paul Atreides scade nella tirannia di un colonizzatore spacciato per profeta. Ed è su questa metamorfosi – anche fisica – che ruota tutto quanto.

Un cambio di prospettiva in ritardo

Dune - Parte due: recensione del film epico con Timothée Chalamet e Zendaya
Photo Credits: Warner Bros. Pictures

Ma nello sfumare il contorno di una figura ambigua con la quale, addentrandosi nella pellicola, è sempre più moralmente difficile condividere lo spazio, l’opera di Villeneuve tarda nel fare una cosa fondamentale: cambiare prospettiva. Nell’assumere, in sostanza, lo sguardo (Dune – Parte due è un film di sguardi, visioni e interpretazioni) dell’altra protagonista dell’opera: Chani (Zendaya). Perché lei, che arrivava al termine della Parte uno preannunciando furbescamente “solo l’inizio”, è il terminale di confronto dello spettatore nei riguardi dell’inquinamento dell’animo e dell’abbraccio al fondamentalismo a cui si presta il personaggio di Paul sotto il veleno della madre, la reazionaria e ambiziosa Lady Jessica (Rebecca Ferguson).

Negli occhi di Chani la pellicola si assesta definitivamente solo nell’ultimissima inquadratura, dopo che Dune – Parte due non fa perfetta economia dei tempi di una narrazione archetipica, eccessivamente granulare e priva di veri dettagli. Che si ritrova, ad un certo punto, a scartare toni ed orientamenti – come quello dello stesso Paul – con una schizofrenia che lascia in debito di ossigeno e costringe il film ad accelerare bruscamente nella mezz’ora conclusiva. Un colpevole ritardo che non commenta e problematizza a dovere l’ombra che muove il protagonista, che oltretutto così non chiude l’arco e anzi si abbandona al flirt di ciò che potrà venire dopo.  

Ad ogni modo: un nuovo classico

Photo Credits: Warner Bros. Pictures
Photo Credits: Warner Bros. Pictures

A fare da collante al tutto resta allora una cosa: l’innegabile e indiscutibile fascino estetico del film. Ma anche qui, il fascino si lega in più di un’occasione alla fascinazione. Basti pensare a una sequenza che segue il rafforzarsi del legame sentimentale tra Paul e Chani e la preparazione dei Fremen alla guerriglia, montata come se fosse un trailer con tanto di crescendo musicale del pur sempre ottimo Hans Zimmer (per il primo capitolo, il compositore vinse il premio Oscar). Ancora: è visivamente folgorante la trovata del bianco e nero a cui è ridotta la scala di colori sotto il sole di Giedi Prime, pianeta natale del casato degli Harkonnen. Eppure lo scontro nell’arena tra il nipote del barone Vladimir (Stellan Skarsgård), lo psicotico Feyd-Reutha (Austin Butler), e alcuni prigionieri è girato ed esposto alla luce di un glamour che più che l’iconografia dell’affresco murale tanto alliscia la forma da spot pubblicitario.

La grandeur di Dune – Parte due è dunque giudice, giuria e, aggiungiamo noi, sentenza. È la ragion d’essere di un progetto che imbocca una via probabilmente senza precedenti e prova a coniugare kolossal hollywoodiano all’ispirazione d’autore. Sarà un nuovo classico e un successo al box office, acciuffando però tra le mani un po’ meno spezia di quanta ne occorre per essere inebriati del tutto.

Dune – Parte due è al cinema dal 28 febbraio.

Guarda il trailer italiano di Dune – Parte due:

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