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Leo: recensione del nuovo film d'animazione su Netflix
Alessio Zuccari

Leo: recensione del nuovo film d'animazione su Netflix

Tags: adam sandler, leo, netflix
Leo: recensione del nuovo film d'animazione su Netflix
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Alessio Zuccari

Leo: recensione del nuovo film d'animazione su Netflix

Tags: adam sandler, leo, netflix

Sul catalogo della piattaforma arriva una nuova opera animata da un’idea di Adam Sandler, che interpreta, scrive e produce.

Oltre a essere un ricettacolo sterminato di contenuti più mediocri che validi, Netflix negli ultimi anni è diventata una piattaforma attenta a patrocinare l’animazione. Possiamo pensare a Nimona e a Il mostro dei mari, ma anche ai due validissimi adattamenti seriali di Arcane e Cyberpunk: Edgerunners, che hanno portato i rispettivi mondi videoludici all’attenzione di un pubblico da divano. La scelta di puntare su questo fronte dell’intrattenimento audiovisivo ha portato i suoi frutti – da ricordare anche come la grande N rossa si sia accaparrata, nei tempi bui della pandemia, i diritti di distribuzione del catalogo dello Studio Ghibli.

A una schiera di titoli che diviene sempre più nutrita si aggiunge ora anche Leo, buffo e a tratti inclassificabile film animato tra commedia e musical. Nasce da un’idea di Adam Sandler, vecchia alcuni anni, di voler interpretare, scrivere e produrre un’opera d’animazione sotto l’egida della sua Happy Madison Productions. È un terreno che a dire il vero l’attore aveva già calcato con scarsi risultati nel 2002, quando uscì lo strampalato Otto notti di follie, che anche lì interpretava e produceva.

Leo, la trama del film

Leo: recensione del nuovo film d'animazione su Netflix
Photo Credits: Netflix

Leo, diretto da Robert Marianetti, Robert Smigel e David Wachtenheim, punta su qualcosa di più contenuto, ma in maniera non per questo meno bislacca. Si apre su una panoramica collettiva e tutta canterina tra famiglie dal differente nucleo, diversa estrazione sociale e disparati valori. I bambini si stiracchiano, si alzano dal letto e si preparano nelle rispettive case perché sta per cominciare il primo giorno di scuola del loro quinto anno elementare.

Capiamo subito chi è chi: la perfettina chiacchierona, la timida genietta, l’esuberante caciarone, il poveretto iper protetto dalla madre, e così via. In classe li aspetta la solita e apprezzatissima insegnante, ma anche un piccolo terrario dove hanno trascorso tutta la loro vita la tartaruga Squirtle (Bill Burr) e la lucertola Leo (Sandler, che nell’adattamento italiano prende la voce, nomen omen, di Edoardo Leo). Per l’ennesimo anno, l’ultimo di una trafila che per i due rettili dura da decenni e decenni, tutto pare uguale al solito. Un periodo talmente lungo passato gomito a gomito con questo luogo di formazione che gli ha permesso addirittura di imparare la lingua degli umani.

Senonché, a un certo punto, arriva una supplente, l’anziana, integerrima e intristita dalla vita Ms. Malkin (Cecily Strong). Gli alunni vengono messi a bacchetta e dovranno, durante il resto dell’anno, portarsi a casa uno per alcuni giorni uno dei due animali della classe in modo tale da disciplinarsi e responsabilizzarsi. Leo vuole cogliere l’opportunità: ha realizzato di avere 74 anni e in una conversazione ha origliato che le lucertole come lui vivono fino a 75. Non vuole perdere il poco tempo che gli rimane e desidera scappare per darsi all’avventura.

Gli isterismi della competizione a ogni costo

Leo: recensione del nuovo film d'animazione su Netflix
Photo Credits: Netflix

Da qui si sviluppa il goffo tentativo di fuga di Leo, che nel passare di mano in mano di queste bambine e bambini che ha imparato a conoscere nel corso del tempo capisce di poter ambire a un altro tipo di scopo. Quello del mentore, quando intanto sullo sfondo del film a farla da padrona è un tappeto intessuto tra le ansie, le fobie e le pretese di realizzazione dei genitori prima ancora che dei figli. A essere obiettivo finale degli eventi e quindi motore della sceneggiatura scritta da Sandler, Smigel e Paul Sado è infatti la ricerca della vittoria nella competizione tra classi interna alla scuola.

Agli studenti interessa il premio (in sostanza una vacanza), ma all’insegnante il prestigio che ne ricaverebbe da un punto di vista professionale. E quindi a creare la girandola di Leo è in primis quel misto tra cultura del successo e orizzonte d’ambizione che permea il sistema istruttivo statunitense, dove tutto è competizione e isterica corsa all’essere primi. Il film su questo ironizza saltellando assieme al protagonista di contesto in contesto, conoscendo le più intime realtà familiari degli studenti.

Una messa a fuoco nel mezzo che assolve al compito

Leo: recensione del nuovo film d'animazione su Netflix
Photo Credits: Netflix

Mentre Leo inizia a parlare con degli sbalorditi bambini, aiutandoli ad affrontare le proprie sicurezze spesso derivanti dalle pressioni volontarie o meno degli adulti, l’opera si apre in maniera iperbolica tra questi due mondi. In alcuni momenti sembra rivolgersi in modo più decisa al mondo dei grandi e ai problemi che sono capaci di causare alla prole. In altri si abbassa alla statura delle ragazzine e dei ragazzini con estro giocherellone e fantasioso, accarezzando anche il tema della cattività degli animali e di quale sarebbe il loro posto deputato.

Una messa a fuoco stramba che lascia qualche perplessità su quale possa essere il reale target di pubblico di Leo. Una critica con cui intrattenere madri e padri, o una giostra con cui divertire e in cui far riconoscere i piccini? Possiamo trovare un punto d’incontro nel mezzo, perché alla fine il film compensa con del genuino divertimento tra battute sagaci e siparietti comici, dove l’animazione di per sé – a firma Animal Logic e Netflix Animation – non offre nessuno spunto di particolare innovazione, ma assolve al compito.

Leo è in streaming su Netflix dal 21 novembre.

Guarda il trailer italiano di Leo:

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