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prendi il volo recensione film animazione
Alessio Zuccari

Prendi il volo: recensione del nuovo film dai creatori di Cattivissimo me

Tags: benjamin renner, illumination, prendi il volo
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Alessio Zuccari

Prendi il volo: recensione del nuovo film dai creatori di Cattivissimo me

Tags: benjamin renner, illumination, prendi il volo

Illumination porta al cinema un nuovo film d’animazione che è una grande avventura tra gioie e pericoli della scoperta.

Che graditissima boccata d’aria fresca è Prendi il volo! Con quale semplicità ed entusiasmo la Illumination – casa di produzione dietro la saga di Cattivissimo me e Minions, per intenderci – riesce a mettere su una parabola edificante di grande ricchezza visiva e ritmo. Fa tutto quello che dovrebbe fare un film di animazione rivolto ai più piccini: ruotare attorno a una precisa morale, ammaliare con panorami suggestivi, intrattenere alternando un’alta varietà di situazioni e, perché no, incutere a tratti anche un pochino di timore.

La trama di Prendi il volo: un quieto vivere

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Photo Credits: Universal Pictures

La storia dell’opera diretta da Benjamin Renner inizia come una quotidianità qualunque. I Mallard sono una famiglia di anatre composta dal padre Mack (Kumail Nanjiani), la madre Pam (Elizabeth Banks), il figlio Dax (Caspar Jennings) e la figlia più piccola Gwen (Tresi Gazal). Vivono in un piccolo stagno immerso nel bosco e anche quando gli alberi si coprono dei colori caldi dell’autunno loro decidono di non migrare. Una scelta di vita che frustra Pam e soprattutto i bambini, curiosi di sapere cosa ci sia al di là di questo luogo sì ameno e sicuro, ma anche molto limitato. Mack è però integerrimo: meglio una vita quieta e modesta che rischiare di finire impallinati.

Quando un gruppo di anatre migratrici arriva per sostare qualche momento nello stagno prima di ripartire con all’orizzonte la Giamaica, nella famigliola scatta qualcosa. Pam agogna l’idea di una vacanza alla scoperta, Dax forse un amore esotico, Gwen si accoda ai due e Mack si ricrede con un fremito quando osserva il decadente – ma esilarante – zio Dan (Danny DeVito). Lui sì che ha passato tutta la sua esistenza in questo posto, ed ora è un trombone burbero e solitario. Allora i Mallard decollano e con loro Prendi il volo, in quella che è letteralmente la messa in scena della metafora dello “spiegare le ali” di fronte all’incertezza.

Un viaggio sempre ricco e suggestivo

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Photo Credits: Universal Pictures

La solida sceneggiatura di Mike White ragiona in maniera cristallina ed efficace su quell’essenziale baratto a cui chiama il vivere: accettare i timori e le insidie di un mondo con il quale si deve scendere a patti se se ne vuole assaporare almeno un pezzettino. Un racconto, quello del film, che usa una grammatica immediata per comunicare divertimenti e brividi al pubblico più giovane, ma che ruota attorno all’ansia naturale di qualsiasi genitore.

E Prendi il volo coniuga con grande estro queste due esigenze narrative, soprattutto con il suo offrire una trama che è a tutti gli effetti scandita dai momenti di stupore e pericolo propri di un’avventura che si rispetti. Il pregio di maggior valore del film sta infatti nel non essere mai uguale a se stesso. Si spazia moltissimo a partire da un punto di vista geografico e morfologico – coerentemente con il senso di migrazione a cui si rifà il titolo originale della pellicola, Migration.

Si sorvolano i colori vividissimi dei boschi dell’entroterra, ci si addentra nelle nebbie e nelle tempeste di una palude dove albergano i forse pericolosissimi aironi “psico-killer”. Ma ci si allontana poi anche dalla natura incontaminata, ritrovandosi con una riuscitissima e suggestiva transizione – dove le nuvole incontrano lo smog – nei perigli artificiali della metropoli umana. E qui Prendi il volo è interessante per come incrocia i simili dissimili, quando ad esempio incappa nella gang dei piccioni capitanata da Testadura (Awkwafina), con le sue regole, il suo senso di sopravvivenza e la sua “cultura” cittadina.

Un’ode alla scoperta

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Photo Credits: Universal Pictures

Ma tra i grattacieli e le macchine che sfrecciano i Mallard trovano anche un vero e proprio villain. Uno chef rinomato e cattivissimo (lui) plasmato sopra le sembianze palestrate, fighette e tatuate dei cuochi 2.0 che infestano quei social e TV che li vogliono star assolute nell’intrattenimento degli ultimi anni.

Il film di Renner però non si ferma, si libra ancora in aria come un’ode alla scoperta, schivando la staticità e ingegnandosi per arricchirsi con soluzioni sempre diverse e sempre molto ironiche. Tutto questo in meno di un’ora e venti, che scorrono via con una piacevolezza dalla quale farsi rinfrancare e trasportare. Magari un po’ più in là, magari al di là del mare, dove l’acqua cristallina brilla di notte.

Guarda il trailer italiano di Prendi il volo:

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