Interviste, Top News
0
Alessio Zuccari
Rumors - La casa brucia: intervista a Luca Bizzarri e Tommaso Caperdoni, produttori e registi della serie su Prime Video
Tags: prime video, rumors - la casa brucia
Dal 19 febbraio su Prime Video c’è una serie interamente pensata, scritta e prodotta da ragazzi della Generazione Z. Si chiama Rumors – La casa brucia ed è un progetto che parte da lontano, in seno ad un’esperienza culturale che ha reso polo di formazione cinematografica la città toscana di Arezzo. Con finanziamenti e mezzi ridotti, ma soprattutto con una voglia di fare che ha saputo catalizzare l’interesse e la voglia di partecipazione di un’intera comunità, la serie narra in otto episodi di una minaccia occulta che si annida per le strade e, forse, anche tra le insospettabili mura di casa. Abbiamo parlato di questo ambizioso percorso con Luca Bizzarri e Tommaso Caperdoni, classe 2001 e 1998, produttori e registi di Rumors – La casa brucia.
Partiamo dalle origini. Da dove nasce Rumors – La casa brucia e come diventa lo show che ora è disponibile in streaming.
Tommaso Caperdoni: Rumors è stata un punto di approdo. Si è arrivati alla produzione della serie perché negli anni precedenti abbiamo costruito ad Arezzo, dove viviamo e dove il progetto è girato ed ambientato, una comunità di giovani credibile ed affamata. L’idea nasce durante il secondo lockdown, nell’autunno e nell’inverno del 2020. E nasce dalla disperazione. Io, ma come tutti, ero abbastanza demoralizzato dalla situazione di un anno che ha riscritto la vita di chiunque. Attraverso i profili social della Farrago, l’associazione culturale e poi casa di produzione dietro Rumors, propongo di formare una writing room. Si crea un gruppo di 7-8 persone, tutti ragazzi della Gen Z e quasi interamente al femminile. Volevamo raccontare qualcosa di significativo e ci siamo ritrovati a confrontarci con il tema della propria casa: un posto al quale tornare, ma che durante il 2020 si è tramutato in qualcosa con cui ci si è ritrovati invece costretti a confrontarsi, anche controvoglia. Tutto quello che era familiare improvvisamente non lo era più. Volevamo discutere questo assieme alla condizione giovanile. Unendo le due cose è venuta fuori l’idea di una minaccia nascosta e imperscrutabile che si annida nel mondo lì fuori, dove si deve sempre dimostrare di essere in grado e all’altezza.
Luca Bizzarri: Una volta che la sceneggiatura era pronta, ci siamo mossi sull’idea di produrre questa serie. C’è stata una fase di selezione iniziale tra più idee e soggetti, fin quando un giorno abbiamo vinto un finanziamento, Fermenti in comune promosso da ANCI (Associazione nazionale comuni italiani). Abbiamo iniziato questo progetto come un progetto di formazione. Da una parte c’era una troupe aperta e chiunque poteva candidarsi come parte della squadra, termine questo atipico nel linguaggio cinematografico ma che a noi sta particolarmente a cuore perché trasmette un senso di orizzontalità e scansa la struttura piramidale. La candidatura non era escludente, si faceva un colloquio con un caposquadra che valutava le competenze e in base a quello capiva poi come indirizzare le persone per rendere al meglio. Per noi era importante prima di tutto trasmettere le nostre conoscenze peer to peer. Dall’altra parte ci sono stati invece i provini per il cast, con centinaia di adesioni che hanno richiesto un periodo un po’ lungo di scrematura. Le riprese sono cominciate nell’aprile del 2022 e sono durate sedici settimane, con 73 giorni di set. E’ stata un’annata lunga e complessa, ma voglio sottolineare anche la bellezza di creare un progetto indipendente realizzato con poco se non con tanta voglia di mettersi in gioco.
Oltre che registi, siete anche i produttori della serie. Che ruolo ha giocato la vostra Farrago prima di arrivare a Rumors?
Caperdoni: Farrago nasce nel 2017 in camera di Luca. All’inizio abbiamo fatto un paio di webserie distribuite poi su YouTube. Jumpi, la prima, era ambientata e scritta per il Liceo Classico-Musicale Petrarca, che abbiamo frequentato io e Luca. Giravamo di puntata in puntata, poi le proiettavamo durante l’assemblea d’istituto e l’aula magna era sempre piena. La cosa bella è che noi eravamo lì e vedevamo il pubblico e le reazioni dei nostri compagni di scuola. Questo contatto diretto è una cosa che talvolta manca ai filmmaker. Noi abbiamo sempre ricercato quello, è l’attitudine che ci portiamo dietro. Poi dopo queste due serie (l’altra è Dio, del 2019, ndr) ci siamo resi conto che avere un conto in banca a nome di Farrago faceva comodo anche per vincere dei bandi, e quindi da qui nasce l’associazione culturale. L’associazione esiste tutt’oggi e nel tempo abbiamo costruito metodi di riflessione e pedagogici, mentre portavamo avanti la nostra professionalità. Abbiamo fatto i passi quando ce n’era bisogno, così in occasione di Rumors si è arrivati a costituire anche Farrago Srl.
Nel materiale promozionale ci tenete a sottolineare una cosa: che la serie è un progetto alternativo all’egemonia produttiva romanocentrica. Che significa?
Caperdoni: Noi scommettiamo molto sul territorio e sui giovani del territorio. Arezzo è un grosso centro, ma è anche abbastanza fuori da certe dinamiche culturali. Non vogliamo essere costretti ad andare a Roma per fare cinema. Noi il cinema vogliamo farlo qui e qui vogliamo costruire un ambiente che faccia sentire le persone nel posto giusto. Le opportunità in un luogo come Arezzo te le puoi creare. Il budget di Rumors è stato risicato, per tutto l’iter produttivo siamo a poco meno di 200 mila euro. Ed è stato possibile produrre la serie perché ha partecipato tutta la comunità, dai negozi che ci hanno dato i loro spazi, al comune che ci ha concesso il suolo pubblico, arrivando alle persone della città che hanno fatto da comparse in ogni ora del giorno e alle famiglie della troupe che hanno offerto la casa, i vestiti di scena, le automobili. E nel cinema questa è una cosa che si è persa, cioè coinvolgere una comunità con il farlo e il crearlo questo cinema.
Bizzarri: Il fatto che ci siano dei poli, come quello romanocentrico o milanocentrico, che si occupano di un settore economico è normale. Cosa che noi troviamo un po’ ingiusta è che in Italia è pieno di creativi e non troviamo necessariamente bello il fatto che una persona debba migrare per fare quello che vuole fare. Penso che la nostra sia stata una scommessa ed è una scommessa che non abbiamo ancora vinto. Il nostro obiettivo è rendere Arezzo, così come la Toscana, sempre più all’avanguardia, spronando a credendo nel mezzo cinema non solo come strumento di introito economico, ma anche come mezzo sociale.
Il territorio, però, è anche al centro delle vicende narrate dalla serie. Con un’attenzione particolare al mondo della massoneria.
Bizzarri: Ci è interessato fin da subito parlare di questo aspetto perché è un qualcosa di molto sentito ad Arezzo e in Toscana. Inizialmente la minaccia che aleggia sulla città doveva essere di natura paranormale, ma poi si è deciso di rendere il tutto fisico e reale. Abbiamo parlato con divese persone per approfondire il tema, e anche se la P2 non esiste più e Licio Gelli è morto, è un qualcosa di ancora presente e che si percepisce. Bene che se ne parli.
Caperdoni: Banalmente è nato tutto dall’osservazione del reale. Ma anche dallo stupore dovuto al fatto che più o meno in Italia le cose si ripetono sempre uguali, come la mafia, il crimine, i medici, eppure di massoneria non si parla anche se è ovunque. Non ne faccio un discorso sociale, parlo di numeri. Sicuramente è un qualcosa che non è visto come una minaccia e ci si crogiola in questa percezione un po’ farsesca, un po’ da carnevalata. Ma quelli della massoneria sono effetti reali, basti guardare alle nomine, ai depistaggi processuali. Sono effetti gravi nella vita di tutti i giorni ed è giusto che se ne parli, anche se calando l’argomento in un contesto inventato e dai riferimenti ovviamente casuali.
Com’è stato il lavoro con un cast di giovanissimi, talvolta anche più giovani di voi?
Caperdoni: Sul cast è stata effettuata una selezione molto accurata. Qausi tutti i ruoli senior sono di persone che frequentano il panorama teatrale della nostra città, che si sono prestate per compensi veramente minimi e si sono messe al servizio di registi di vent’anni. Una cosa non scontata, che denota grande professionalità prima che umiltà. Per i tre protagonisti, Tommaso Bocconi, Gaia Ria e Valentina Bivona, è stata invece una questione di scommesse. Sono praticamente tutti esordienti, ad eccezione di Valentina che ha all’attivo un film. Siamo andati molto a sensazione, abbiamo ad esempio escluso persone forse anche più brave ma che ci piacevano meno da un punto di vista umano. Sul set si sta tutti assieme e cercavamo umiltà e desiderio di mettersi a servizio del progetto. A me piace molto lavorare con gli attori. Una volta nel rigirare una sequenza ho fatto mettere metà della troupe a guardare la scena, perché mi piace che venga realizzata come se potesse essere recitata anche su un palcoscenico teatrale.
La maggiore sfida o il maggiore imprevisto a cui siete andati incontro?
Bizzarri: Organizzare al meglio la pre-produzione è cruciale per avere meno intoppi possibili dopo. Sul set la parte più difficile è stata sicuramente la gestione delle comparse quando erano al massimo, cioè quando avevamo anche sessanta o settanta persone in scena. Abbiamo organizzato sempre step da seguire per gestire i grandi gruppi di persone, lavorando tutto in filiera, dalle liberatorie ai costumi. Sul piano umano ci tengo a raccontare l’ultima giornata di set. Ci rimanevano poche scene da girare, tutte in una notte e con due unità, con una che faceva preparazione e l’altra girava. Le notturne, come questa qui, sono stati momenti particolarmente belli perché sono state le occasioni in cui è emersa di più la grande volontà di partecipazione delle persone. Spesso un altro grande intoppo sono poi le autorizzazioni, ma come già detto c’è stata grande collaborazione da parte delle autorità e ci tengo a ringraziare molto anche Elisa Alvelli, che si è occupata veramente di tutto assieme ad Enrico Giustini. Tutto sommato, nel complesso le cose sono andate lisce.
Come sono arrivati il coinvolgimento di Minerva Pictures e poi l’approdo su Prime Video?
Caperdoni: Minerva Pictures arriva in coda. Il nostro obiettivo è però sempre stato chiaro, volevamo fare qualcosa che potesse arrivare su Prime Video. All’inizio abbiamo avuto il supporto di Stefano Mutolo, di Berta Film. Quando ha ascoltato il nostro progetto, di cui non c’era ancora nulla, lui ci ha creduto subito e ci ha fatto una lettera di intenti da girare a Prime Video. Ci ha permesso di acquisire fiducia ma anche di raccogliere finanziamenti. Dopo un anno e mezzo, a serie ultimata, Stefano si rende conto che è un buon prodotto e dice allora di proporla a Minerva Pictures. Ha provato a proporla in realtà a più soggetti, ma loro hanno risposto positivamente e si sono aggiunti l’anno scorso in fase di distribuzione. Con Prime Video però noi non abbiamo mai parlato direttamente, ci arrivano solo i responsi come quelli dell’oracolo.
A questo punto cosa vi aspettate da Rumors – La casa brucia e progetti avete per il futuro?
Bizzarri: Di cose certe per ora non ne abbiamo. Ci sono diversi progetti in forse, tra cui idee anche non strettamente legate a quella che è stato il modus operandi produttivo dietro Rumors. C’è poi sicuramente anche il desiderio di dare continuità al percorso della serie, magari con seconda stagione, ma anche con l’esigenza da parte nostra di non trovarci da soli nel produrla e quindi di affiancarci con una co-produzione a una realtà di maggiore esperienza. Dall’altra parte ci sono progetti di carattere sociale. Noi lavoriamo spesso con le scuole, con i bandi CIPS (Cinema e immagine per la scuola), e anche quest’anno stiamo aspettando diversi responsi. Ci danno tanta soddisfazione perché ci permettono di rimanere in contatto con le prossime generazioni, aggiornare il nostro linguaggio e avvicinare più ragazze e ragazzi possibili al mondo del cinema. E vediamo che la risposta è sempre bellissima.
Caperdoni: Il concept della seconda stagione c’è, ma per il momento aspettiamo anche i numeri e le valutazioni che riceveremo da Prime Video sull’andamento della serie. Per il resto, il nostro principale interesse è continuare a fare un cinema artigianale, non industriale. Che non significa farlo senza avere mezzi, ma significa invece fare un lavoro mettendoci dentro la maggiore cura possibile e una grande attenzione ai passi produttivi da compiere uno dopo l’altro.