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Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story, recensione della docuserie su Disney+
Alessio Zuccari

Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story, recensione della docuserie su Disney+

Tags: disney+, Jon Bon Jovi, Thank You Goodnight: The Bon Jovy Story
Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story, recensione della docuserie su Disney+
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Alessio Zuccari

Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story, recensione della docuserie su Disney+

Tags: disney+, Jon Bon Jovi, Thank You Goodnight: The Bon Jovy Story

Un documentario in quattro episodi extralarge che attraverso Jon Bon Jovi ripercorre i quattro decenni di storia della rock band.

L’eredità artistica dei Bon Jovi cammina ancora in mezzo a noi. Quello della band originaria della spesso bistrattata New Jersey non è un retaggio messo in vetrina. Esiste ancora adesso che Jon Bon Jovi, cantante e frontman del gruppo che porta il suo nome, cerca il modo per tornare sul palco. Da lui e da questo momento della sua vita Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story parte per aprire uno squarcio temporale a ritroso per raccontare ciò che questa band ha fatto per quattro decenni.

Forse, più che il racconto della band di per sé, quello della docuserie in quattro episodi in streaming su Disney+ è il racconto dei Bon Jovi filtrato dallo sguardo e dal pensiero di Jon Bon Jovi. Lui è la chiave di accesso a una narrazione che si divide in due. Da una parte trova posto una classica risalita a ritroso nel flusso degli anni a vedere da dove tutto è partito, come si è evoluto, quale difficoltà ha affrontato e a quali successi è infine arrivato. Dall’altra c’è una corrente che si concentra sul presente, e in particolare appunto sul cantante, che ripercorre l’avventura del tour organizzato dalla band nel 2022 per celebrare il loro quarantenario.

Una riflessione anche sulla mortalità umana e artistica

Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story, recensione della docuserie su Disney+
Photo Credits: Disney+

Ma è anche l’occasione per riflettere sulla presa di coscienza in tempo reale su cosa significhi davvero questo inesorabile scorrere in avanti delle lancette, a quali limiti ponga di fronte. Qui c’è un Jon Bon Jovi che discorre molto sulla mortalità umana e anche artistica, concetto astratto già complesso e scivoloso da afferrare, ancor di più se applicato alla rapidità con cui spesso realtà incendiate come quelle delle rock band finiscono per sciuparsi. Allora la venuta meno della voce di una volta, il successivo intervento alle corde vocali – reso pubblico solo nel febbraio del 2024 – e la forzata messa in sospensione delle registrazioni, dei concerti e dei tour è il contrappunto che Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story utilizza a specchio del suo lavoro cronachistico.

Per molti versi quello che porta la firma in regia di Gotham Chopra è infatti un documentario molto composto e corposo. Le quattro puntate che lo compongono non scendono mai sotto l’ora e un quarto di durata – raggiungono addirittura un picco di un’ora e mezzo – in una catalogazione puntuale dei momenti cruciali della vita della band. La nascita in New Jersey e il primo attaccamento al senso di appartenenza a quel territorio, a quelle cittadine, a quei locali. Poi le calibrazioni degli equilibri e della formazione della band, che oltre a Jon considerava il tastierista David Byran che portò il bassista Alec John Such, che a sua volta introdusse il batterista Tico Torres e infine la chitarra di Richie Sambora.

E quindi il nome della band che inizia a risuonare in fretta nel 1984, il primo tour mondiale, i primi alti e bassi e infine l’arrivo del vero «sonic boom», l’uscita nel 1986 di Slippery When Wet. Cioè un album dall’incredibile successo commerciale, che ancora oggi segna il maggior numero di vendite per la band e nel quale erano incluse hit divenute intramontabili come Livin’ On a Prayer, Wanted Dead or Alive, Never Say Goodbye. Poi da qui il documentario corre al 1990, anno della prima importante pausa di riflessione di un gruppo che i media davano già sul punto di scoppiare. Jon e Richie hanno le prime incomprensioni, il frontman si sposa con la storica compagna e si percorrono carriere soliste e tutto sembra sul punto di crollare.

Una nuova vita e un nuovo millennio

Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story, recensione della docuserie su Disney+
Photo Credits: Disney+

Ma nel 1992 il gruppo torna in carreggiata per una nuova cavalcata che attraversa l’uscita dalla formazione di Such – con le prime ombre negli aspetti personali sulle quali il documentario comunque non si espone mai davvero – per arrivare a una seconda, più ragionata e pacifica pausa alla fine del decennio. Qui Jon assaggia la carriera da attore e poi trova l’energia per proiettare i Bon Jovi nel nuovo millennio, periodo nel quale la band supera il «punto di rottura», supera l’arrivo dei quarant’anni e trova nuovi sound (It’s My Life) e un nuovo pubblico. E quindi l’approdo a una vita da scoprire alla luce della maturità, chiamata anche a prove importanti come la fuoriuscita pure di Sambora nel 2014.

Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story ripercorre tutto questo sfruttando il ricco materiale di repertorio, soprattutto interviste d’epoca, affiancandolo alle opinioni contemporanee di tutti i membri della band. Ne deriva una sorta di contenitore di memorie dove l’arte è posta molto in dialogo sul ruolo che le spetta nel confronto con chi quell’arte la fa, la vive e le sopravvive. Si percepisce l’inevitabile ruolo celebrativo e agiografico (soprattutto nei confronti di Jon) a cui l’operazione chiama, così come uno scansare sotto il tappeto l’affrontare a viso aperto alcune questioni spinose (l’alcol, la droga, gli eccessi) che restano presenti, ma aleatori. Il lavoro di raccolta in ogni caso resta, con obiettivo i fan più accaniti.

Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story è su Disney+ dal 26 aprile.

Guarda il trailer ufficiale di Thank You, Goodnight: The Bon Jovi Story:

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