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Federica Marcucci
Amy Winehouse, chi era davvero e perché ci manca così tanto
Tags: Amy Winehouse, back to black
Ci sono voci destinate a restare eterne. Quella di Amy Winehouse è una di queste. Una voce capace di esprimere tutta la determinazione e, allo stesso tempo, la fragilità di una ragazza che tutti cercavano di etichettare, mentre lei desiderava soltanto trovare il proprio posto nel mondo; con la sua musica, ovviamente.
Con l’uscita di Back to Black, biopic diretto da Sam Taylor-Johnson in cui il ruolo di Amy Winehouse è interpretato da Marisa Abela, ripercorriamo la vita e l’eredità di una cantante straordinaria che in poco tempo è riuscita a lasciare un’impronta indelebile nella storia della musica contemporanea.
Amy Winehouse cresce ascoltando jazz e soul, interiorizzando le grandi voci della canzone popolare americana, come Frank Sinatra, e facendo suo quel blues – quella tristezza, che rendeva così uniche le interpretazioni di Sarah Vaughn o Minnie Riperton. Perché Amy è una ragazza inquieta, da sempre, da quando non riesce a tollerare il rigore scolastico e riversa tutta la sua creatività nella musica: nei gruppi musicali fondati con gli amici e iniziando a comporre pezzi con la sua chitarra.
Ha solo 19 anni quando firma il suo primo contratto discografico e quelle influenze jazz se le porta con sé, andando a costruire un sensibilità espressiva nuova che combina le sonorità dei primi anni 2000 con il repertorio del genere e pezzi originali. Più tardi avrebbero detto che fu lei ad aprire la strada alle cantanti del soul bianco. Nel 2003 esce Frank, il suo primo album, e nel 2006 arriva la consacrazione a livello internazionale con Back to Black: un album con cui Amy Winehouse si mette a nudo raccontando le sue fragilità, le sue dipendenze e tutto il desiderio di continuare a raccontarsi attraverso la musica. Il suo terzo album, Lioness: Hideen Treasures, uscirà soltanto postumo nel 2011. Tuttavia, a 13 anni dalla sua scomparsa, Amy Winehouse continua a ispirare con una voce sempre moderna che è riuscita a far conoscere un genere musicale a un’intera generazione.
Raccontare Amy Winehouse è complesso. Perché quella ragazza che amava aggirarsi per le strade di Camden, era tante cose: forza e fragilità, talento e sregolatezza, e tanta sofferenza. Solo la sua musica sembrava riuscire a contenere tutte le sue sfumature senza necessità di spiegarle ed è proprio questa l’eredità più grande che Amy Winehouse ci ha lasciato, dando voce a tutti coloro che – almeno una volta nella vita si sono sentiti tristi o fuori posto.
Capace di dare vita a pezzi come Black to Black e reinterpretare standard jazz come Body and Soul (che incise insieme a Tony Bennett), due canzoni lontane e che in modo diverso raccontano della tristezza che deriva dalla fine di un amore e che, grazie alla sua voce diventano eterne, Amy Winehouse esprime tutta la sua immensità insieme al bisogno di non voler rientrare in schemi preconfezionati. Una voce di una giovane donna libera che, pur avendoci lasciato troppo presto, continua a vivere grazie alla sua musica.