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elemental recensione film disney pixar
Alessio Zuccari

Elemental, recensione del nuovo film Pixar diretto da Peter Sohn

Tags: elemental, peter sohn, pixar
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Alessio Zuccari

Elemental, recensione del nuovo film Pixar diretto da Peter Sohn

Tags: elemental, peter sohn, pixar

Arriva al cinema un nuovo film della Pixar, incentrato sulla capacità di accettazione dell’altro e sull’integrazione tra culture.

Nella tradizione recente dei film d’animazione Disney e Pixar si è andata sempre più riducendo, fino quasi a scomparire, la presenza di un antagonista vero e proprio. È il segno dei tempi. Si riflette molto sul valore identitario, sul posizionamento dell’individuo all’interno della società e della famiglia, sull’accettazione del sé in confronto anche all’altro. Prima che dall’esterno, tutto parte da dentro. Allora ecco che il nuovo lungometraggio Disney Pixar, Elemental, scritto da John Hoberg, Kat Likkel, Brenda Hsueh e diretto da Peter Sohn (Il viaggio di Arlo), si inserisce nel solco e di tutto questo fa una mescola.

C’è la protagonista Ember (qui da noi le presta voce Valentina Romani), che è una fuochese – uno dei quattro elementi che abitano il mondo del film assieme ad acqua, terra e vento – di nome e di fatto. Ha un temperamento impetuoso e lavora nella bottega di famiglia che si prepara ad ereditare dall’anziano padre, trasferitosi ad Element City con sua moglie diversi decenni prima.

La loro terra d’origine, infatti, è stata devastata da un evento climatico catastrofico (indotto, magari, proprio dalla condotta dell’ultra-tecnologica Element City?) e sono stati costretti ad abbandonarla mantenendo solo un esile filo con le proprie tradizioni. Vivono nei sobborghi di una città abitata prevalentemente dagli altri tre elementi e che accetta, ma mal sopporta, i fuochesi.

La trama di Elemental: guardare al futuro sulla scorta del passato

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Questo è lo sfondo (autobiografico, afferma Sohn, di origini coreane) di Elemental, che abbozza su più livelli il discorso dell’integrazione sociale in un contesto urbano fitto e dispersivo. Ma è un tema che sfondo è e sfondo rimane, senza che sia mai realmente posto al centro dell’attenzione o indagato alla ricerca di soluzioni che il film, in maniera involontaria e quasi cinica, pare riconoscere non esserci davvero. Pare dire: così stan le cose.

Il cuore di Elemental è un altro. Nucleo del racconto è l’impossibile storia d’amore tra Ember e l’impacciato Wade (Stefano De Martino), un acquatico estremamente sensibile e fiducioso di trovare sempre una soluzione a tutto. Questo è l’altro livello sul quale l’opera tenta di ragionare ruotando attorno al tema dell’accettazione del prossimo, della comprensione delle distanze sociali e culturali e quindi del superamento di barriere figlie di sovrastrutture ideologiche.

Per certi versi ci riesce anche abbastanza bene, azzeccando dettagli come quello della contaminazione culinaria tra culture, da sempre aggregatore sociale, e duettando poi con il tormento interno di Ember, scissa in due tra la spinta a percorrere le orme di famiglia (la tradizione) e l’imboccare una strada totalmente nuova sulla scorta del passato (l’integrazione vera e propria).

Una grande premessa sfruttata solo per metà

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Sulla carta tutto questo sembra forse più interessante di come Elemental riesca in fondo davvero ad articolare tra di loro queste riflessioni, che sì, ci sono e rimangono ben visibili, ma poi non vanno più di tanto in là rispetto al galleggiare su una superficie più allusiva che ficcante. Anche il rapporto tra Ember e Wade, nonostante sia venato da una divertente inversione dei classici ruoli di genere (Ember stacanovista e decisa, Wade piagnucolone e quasi ingenuo), si evolve fino a un certo punto e poi non fa altro che reiterare più volte il prendersi e lasciarsi.

È suggestiva questa prolungata ricerca del contatto emotivo e fisico, questa ricerca di un connubio effettivamente chimico tra due realtà che è risaputo essere inconciliabili. Eppure non si sposta più di tanto da quella incanalatura che Elemental pone come indirizzo iniziale, lasciando le braci ad ardere ma senza che sopra soffi tutto quel contesto che, per come ci è presentato il grande macro-tema del film, ci si aspetta venga ad influire in maniera più decisa, più impattante.

Si rimane, insomma, con davanti una storia d’amore dolce, simpatica e poco più. Elemental ha il grande potenziale per narrare il turbamento sociale e politico dei grandi smottamenti migratori della nostra epoca, ma sceglie invece di ridimensionare tutto quanto quasi per non scomodare la linearità del suo cuore tenero. È una scelta che paga fino ad un certo punto e che purtroppo sgonfia l’ottima trovata della sua premessa.

Guarda il trailer ufficiale di Elemental

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