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Martina Barone
Non è la solita classifica: le sorprese di questo 2022 secondo My Red Carpet
Tags: 2022, classifica 2022
Sei stanco/a di leggere la solita classifica? Non ne puoi più di TOP TEN di film e serie tv? Non te ne frega nulla di sapere che Avatar 2 – La via dell’acqua è uno dei nostri film preferiti dell’anno? Allora, caro/a follower, stai leggendo l’articolo che fa per te. Alternando letture di recensioni e caroselli sui social, abbiamo pensato di regalarti qualcosa di speciale. Vuoi sapere cosa??
Abbiamo trascorso un altro anno insieme, ritornando pian piano alla normalità, abbiamo iniziato a ripopolare le sale cinematografiche, i festival e gli eventi. Siamo tornati sui red carpet, abbiamo intervistato grandi artisti, ci siamo emozionati e ci siamo soprattutto meravigliati.
Tutta la redazione di My Red Carpet ha deciso di regalarti un pensiero speciale. Qui di seguito, ogni componente analizzerà ciò che per lei/lui è stata una sorpresa (seriale o cinematografica) e che vale la pena portare con sé dopo questi 365 giorni.
Buona lettura!
Sarà stato il lockdown, il sex appeal di Regé-Jean Page, il mistero sull’identità di Lady Whistledown, la frivolezza della storia e dei dialoghi, la firma di Shonda Rhimes o, più probabilmente, tutti questi aspetti insieme ad aver reso Bridgerton uno dei fenomeni televisivi più luminosi degli ultimi anni. Disperati per l’abbandono di Page prima, totalmente dimenticato poi, la seconda stagione di Bridgerton ha letteralmente monopolizzato la prima parte di questo 2022: sui social, sul web e nel mio cuore. Sedotti dal fascino di Simon a tal punto da non accorgerci a dovere di quella gemma ancora un po’ grezza ma altrettanto impenitente e bella da star male che era, ed è, il Visconte Anthony Bridgerton. Al maggiore dei figli di Violet, il capo della famiglia dopo la morte del padre, e alla sua ricerca dell’amore è stata dedicata questa seconda stagione.
Bridgerton 2 fa un profondo intervento di ricostruzione sul personaggio interpretato da Jonathan Bailey: testardo, fumantino, passionale ma schiacciato dal peso delle sue responsabilità. Anthony non cerca l’amore vero, quello che ti tiene sveglio la notte e ti toglie il respiro. O meglio, pensa di non averne bisogno… Ed è qui l’ingrediente magico di questa serie: dalla formazione sessuale di Daphne si passa a una narrazione più intima, nella quale a trionfare alla fine sono i sentimenti più puri. Una sorprendente storia alla enemies-to-lovers perfettamente ricostruita attraverso un contorno eccellente. Un ballo a feste sontuosissime sempre diverse dove si riscopre quel rito ormai tristemente in disuso della scoperta, del rispetto reciproco e del corteggiamento. Alcuni la definirebbero il proprio guilty pleasure, un piacere inconfessabile. In verità, in una realtà che non smette di imbarazzare per davvero, Bridgerton è una gioia per gli occhi e per il cuore.
Ho da poco festeggiato il mio 40° compleanno con una festicciola a tema Top Gun e il mio soprannome è sempre stato: “Iceman”. Top Gun prima e Top Gun: Maverick in questo 2022 hanno decisamente segnato il mio essere cinefilo. Top Gun: Maverick è un sequel in piena salute e in pieno mito. Stesse amicizie virili, stesse rivalità per pilotare caccia potenti, stessa tensione omoerotica dietro ai Ray-Ban, stessa spiaggia e naturalmente stessi titoli di testa, che riprendono l’incipit di Tony Scott sul celebre tema di Harold Faltermeyer.
Una lunga prima scena, evocatrice e onirica, che ci precipita di colpo nel 1986 e su una portaerei in febbrile attività. Il tempo non è passato, Top Gun è davanti a noi, intatto e pronto a tentare l’impossibile a fianco del suo eroe: contraddire tutte le attese e rifiutare tutto quello che avrebbe dovuto essere, o che l’industria avrebbe voluto che fosse. Un ultimo volo malinconico. Grazie per sempre, Tom.
Un anno, due film. Quando Pearl, l’assassina di X – A Sexy Horror Story e la protagonista dello spin-off/sequel che prende il nome proprio dal personaggio, urla contro a una giuria che lei è una stella, non possiamo che darle ragione. Interpretata da Mia Goth, che ne è anche scrittrice al fianco dell’ideatore e regista Ti West, la donna rimasta sempre bambina e insieme la ragazza che risiede nel corpo di un’anziana ci diverte e spaventa allo stesso identico modo. Nello stesso identico momento. È la convinzione di credersi speciali, talmente interiorizzata da diventare fanatismo. È un personaggio che il suo obiettivo l’ha raggiunto: quello di farsi conoscere – soprattutto col suo sorriso – da tutti.
A volte basta una scena. Basta una metafora, un’allegoria. Basta saper trasformare un pensiero – forse un ricordo, chissà – in immagine. The Fabelmans lo fa continuamente, nella sua sequela di memorie cinematografiche in cui il giovane Steven Spielberg – pur con altro nome nella pellicola – costruisce set e si ingegna per far sembrare veri degli spari o degli scontri guerreschi. Ma basta solo un momento, un solo fotogramma. Un bambino che proietta sulle sue mani le scene di un film. Un genio che ha modellato la materia-cinema come un artigiano. Una sequenza emblematica di un’arte, di una carriera, di una vita. A volte basta una scena.
Una creazione di un’altra epoca, una serie che ci fa ripercorrere un periodo di grandi cambiamenti e decisioni che hanno contribuito al mutamento di questa istituzione. Un viaggio che ci rende partecipi della storia, che ci porta al e con il cuore all’interno di questa grande famiglia. E lo fa grazie ad una fotografia monumentale, ad abiti stupefacenti e all’interpretazione di un cast eccezionale. The Crown ci insegna che non tutte le principesse hanno il lieto fine.
Tutti conosciamo Euphoria e tutti sappiamo quanto la serie sia stata per diversi motivi rivoluzionaria. Non starò qui a ripeterli, ma mi concentrerò su un episodio specifico: The Theater and Its Double (2×07). Si tratta della puntata in cui Lexi mette in scena il suo spettacolo teatrale, per dare voce alla sua storia. Il teatro in questo senso è usato come pretesto per rappresentare un flusso di coscienza sospeso tra palcoscenico e realtà, dove ciò che accade “on stage” non è altro che il racconto senza sovrastrutture di tutto quello che i personaggi vivono. A dir poco geniale.
Bones and All è uno di quei rari casi in cui tutti gli elementi che compongono il film sono esattamente dove devono essere: fotografia, montaggio, regia, interpretazioni e sonoro cooperano perfettamente e danno vita a una vera delizia per gli occhi e per l’anima. Ciò accade nello specifico durante la straziante scena che chiude il film: dieci minuti di pura magia cinematografica, un epilogo che per intensità è secondo forse solo al finale di La La Land. E ho detto tutto.
Austin Butler, insieme alla caleidoscopica regia di Luhrmann, ti trascinano in prima fila, nel roboante circo che è stata la vita di Elvis Presley. Se in prima battuta quello che colpisce sono i costumi e le movenze di Butler nei panni di Elvis, con il trascorrere dei minuti quello che resta è il suo volto e quello che gli occhi riescono a trasmettere. Le performance più iconiche di Elvis, attraverso il sudore, i sorrisi e gli sguardi di Butler, evidenziano la vera essenza del Re, un uomo che ha usato la musica per dire al mondo. “Sono qui, ho qualcosa da dire e lo so fare come nessuno!”. Tra i momenti migliori, lo show dell’International Hotel di Las Vegas. Impossibile non essere travolti dalla passione che Butler/Elvis trasmette al pubblico. Grazie a Butler e Luhrmann, Elvis si è guadagnato un posto nel mio cuore.
È il senso di stupore vero quello che è mancato a tante, tantissime uscite in streaming in questo 2022. Quante volte ci si accontenta, perché abituati, di prodotti ben fatti ma ordinari, incapaci di suscitare
sensazioni insolite, di lasciare una traccia al di là della spensieratezza del tempo trascorso davanti allo
schermo. Scissione, la serie sci-fi creata da Ben Stiller per Apple TV+, è l’unica ad avermi concretamente scossa, entusiasmata, incuriosita; con la sua distopia intelligente ma non intellettuale, la sua messinscena straniante ma umanissima. A tanto così dal capolavoro.
È dal South By Southwest 2022, dove è stato presentato in anteprima, che Everything Everywhere All At Once del duo registica The Daniels ha conquistato il cuore di critica e pubblico e ha cominciato la scalata verso un successo che lo porterà a raggiungere – lo speriamo con tutto il cuore – i premi più prestigiosi. Con questo film, in cui il racconto di una dinamica intima diviene esplosione multiversale, i Daniels sono forse riusciti a compiere il salto più arduo, avvolgendo il cinema indipendente di nuove potenzialità. L’unione famigliare, l’analisi del sé e delle nostre “varianti” che sarebbero potute esistere sono solo alcuni degli snodi della trama di un film che ci ha riempito il cuore.
Il premio “villain dell’anno” va alla Lydia Tàr di Cate Blanchett, ennesima prova attoriale che ha confermato la capacità camaleontica dell’attrice a entrare e uscire da psicologiche contorte, che esprimono tramite la fisicità – Lydia é la prima direttrice d’orchestra donna al mondo – stati mentali che andranno sviscerati nel corso del film. In questo finto biopic che, in maniera inquietante, sembra molto più verosimile di tante biografie effettive, Todd Field cuce sulla divina Cate un ruolo impossibile, che viaggia ben oltre il post #metoo, anticipando il cinema che sarà e che la catapulterà, molto probabilmente, in lizza per l’Oscar alla migliore attrice. Il film uscirà in Italia nel 2023.