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oppenheimer trailer film chrisopher nolan
Alessio Zuccari

Oppenheimer, la recensione del nuovo film di Christopher Nolan

Tags: christopher nolan, cillian murphy, oppenheimer
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Alessio Zuccari

Oppenheimer, la recensione del nuovo film di Christopher Nolan

Tags: christopher nolan, cillian murphy, oppenheimer

Cillian Murphy è protagonista di Oppenheimer, biopic incentrato sulla complessa figura del direttore del Progetto Manhattan e “padre della bomba atomica”.

Quello di Oppenheimer è solo il culmine di una discussione avviata già da tempo. Anche se in maniera più indiretta, più ludica, meno chirurgica di quanto metta al banco Christopher Nolan con il suo personale adattamento della biografia di Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. Il trionfo e la tragedia di uno scienziato (American Prometheus), a cura di Kai Bird e Martin J. Sherwin. Dopotutto che viviamo in un mondo ossessionato dall’idea della quantistica e dei suoi effetti il cinema ce lo ha detto forte e chiaro negli ultimi anni.

Pensiamo alla grande narrazione popolare fatta dal Marvel Cinematic Universe, che arriva pure a metterla nel nome di uno dei suoi film – Ant-Man and The Wasp: Quantumania. È un’idea che piace e attecchisce perché è grimaldello utile a descrivere la complessità dei fenomeni, spesso astratti, virtuali, intangibili a cui la contemporaneità ci mette di fronte. È un’idea che ci parla, soprattutto, dell’esistenza di una materia sempre più minima governata da un dualismo dove qualcosa è sì da per sé – cioè una particella, un’entità, un individuo – ma anche altro da sé – e cioè un’onda, un’influenza, una spinta che si propaga su ciò che la circonda. Un’idea, insomma, che accetta la pluralità, ma insiste anche sull’indagare le relazioni tra eventi microscopici e, in risposta a questi, macroscopici.

Rigore tecnico e una struttura inedita

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Photo Credits: Universal Pictures

J. Robert Oppenheimer, il capo del famigerato Progetto Manhattan, per come lo vede Christopher Nolan, è la prima incarnazione in apparenza paradossale di quest’idea. Si può essere tanto brillanti da formulare le teorie che arriveranno a imbrigliare la forza dell’atomo in un ordigno che sconvolgerà gli equilibri dell’umanità (il macroscopico), e allo stesso tempo così ciechi nel ragionare sulle conseguenze e quindi anche così ambigui nella condotta morale e personale (il microscopico)? È un lungo quesito, anzi, una lunga e affannosa postulazione che il regista argomenta nel corso di tre ore dense di dialogo, di nomi, di ruoli, di volti (da Emily Blunt a Florence Pugh, da Matt Damon a Josh Hartnett, passando per Kenneth Branagh, Alden Ehrenreich, Casey Affleck, Rami Malek e molti altri).

Quello di Oppenheimer è un Nolan inedito, per fan e detrattori. Tiene salda la presa sul profilo tecnico dove è il suono a salire in cattedra (con una colonna musicale di Ludwig Göransson che ancora in un’occasione non fa rimpiangere Hans Zimmer), ma rinuncia ad alcuni assiomi cari, come quello dell’ossessione per la manipolazione temporale, pilastro portante del suo cinema che qui resta solo come facciata.

Perché sì, è vero che nel tempo del racconto sembra esserci un’altra dualità: da una parte è apposto il colore all’esperienza personale di Oppenheimer, negli occhi sgranati di Cillian Murphy, illuminati e tormentati dalle visioni di una conoscenza da concretizzare a tutti i costi; dall’altra si contrappone il bianco e nero della lotta processuale e politica mossa dal Lewis Strauss di un fenomenale Robert Downey Jr., che mette in accusa l’improvvisa redenzione dello scienziato ora contrario allo sviluppo di una bomba all’idrogeno.

Oppenheimer, il proto-villain secondo Nolan

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Photo Credits: Universal Pictures

Eppure qui sta l’intuizione: queste due dimensioni non lavorano in alternativa, non si pongono in antitesi una all’altra, non sono un prima e un dopo. Coesistono nello stesso momento, sin dai primi istanti del film, si ascrivono a sagomare Robert Oppenheimer come una sorta di proto-villain, per come conosciamo i villain oggi. Ovvero non diavoli ghignanti, ma individui complessi in cui all’oggettivo delle loro azioni è appuntato il soggettivo delle motivazioni. Peccano, ma con la convinzione di fare del bene.

Pensiamoci: Oppenheimer è mosso da una motivazione solida, viscerale, forse addirittura divina (quelle visioni a cui assegnare un’equazione), è una figura profetica e carismatica che per le prime due ore di pellicola lamenta che il suo lavoro è troppo astratto. Guida senza sosta il suo team nel raggiungimento di un obiettivo finale sì in teoria terribile, sì che qualcuno contesta, ma che appare non solo sensato, addirittura giusto. In un primo momento c’è da fermare la guerra contro la Germania, nel momento che segue da scongiurare è proprio l’idea stessa del muovere guerra.

Dopo questo scoppio primordiale – primordiale perché preludio a un nuovo mondo basato su nuovi deterrenti, nuovi equilibri e nuovi terrori – che Nolan pensa a sola misura di schermo cinematografico, il proto-villain si classifica: «Sono diventato Morte, il distruttore di Mondi». È la celebre frase che si dice Oppenheimer abbia pronunciato dopo aver assistito all’esplosione della prima bomba atomica durante il Trinity Test, nel New Mexico. È anche il punto in cui converge la svolta morale, o meglio, dal punto di vista di come Nolan osserva questa figura: la possibilità dell’esistenza di una morale già parte dell’equazione, per quanto terribile e dormiente che fosse.

Il padre di tutti i mali

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Photo Credits: Universal Pictures

Il film racconta il suo protagonista senza indulgenza, con adeguato distacco ma anche con una nota di comprensione nell’osservare questo fardello che conduce alla follia. Perché è qui, a questo peccato originale che Nolan guarda quando inchioda alla rupe Oppenheimer (proprio come Prometeo, che rubò il fuoco donando conoscenza e distruzione con un fuoco solo), antesignano ad esempio di Thanos, espressione di mali non assoluti, bensì scientifici, logici, comprovabili. Quindi concreti e terrificanti, perché pure aperti all’errore. Mali che afferiscono a quella visione del mondo sempre più quantificabile e allo stesso tempo più sfuggente e relativa, sempre più distante da una rassicurazione netta come quella della fede, in affanno davanti alla schietta evidenza di numeri che descrivono la potenza della bomba o la conta delle vittime da essa causate.

Quella di Oppenheimer, quella di questo tormentato proto-villain storico, è una figura non risolvibile ci dice ancora Nolan. Con il suo film più lineare e classico nella struttura, il regista racconta infatti un mondo plasmato a misura di azioni lungimiranti – perché ancora ci tengono sotto scacco – ma miopi – perché generate da una convinzione sbagliata. Racconta il primo dei cattivi moderni, il più dolente dei cattivi moderni, il più inconsapevole dei cattivi moderni, che non assolve fino in fondo e non condanna fino in fondo, a cui però fa risalire la gravosa progenie di un futuro che ha le sembianze di un inquietante presagio.

Guarda il trailer ufficiale di Oppenheimer:

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