Recensioni
Un'immagine dal film Piggy
Martina Barone

Piggy, recensione: un film horror che prova a farsi manifesto, ma non ci riesce

Tags: Carlota Pereda, i wonder pictures, Piggy
Un'immagine dal film Piggy
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Martina Barone

Piggy, recensione: un film horror che prova a farsi manifesto, ma non ci riesce

Tags: Carlota Pereda, i wonder pictures, Piggy

Scritto e diretto da Carlota Pereda, basato sull’omonimo cortometraggio, Piggy utilizza la grassofobia come espediente narrativo, ma non ficcante abbastanza per diventare iconico

C’è un grande misunderstanding attorno a Piggy. Il film, per forza di cose, è stato presentato come un horror in cui la protagonista, sovrappeso, si emancipa dalle forme di violenza verbale, ma anche fisica, che era costretta a subire.

Trasformando i suoi silenzi in atti di brutalità, la sua remissività in sfogo animale. Come base, quello di Carlota Pereda, poteva quasi farsi manifesto per combattere un ideale di conformità e bellezza che, ad oggi, dovrebbe smettere di preoccuparci, pur affliggendo ancora un numero vastissimo di persone pur dopo lo sdoganamento degli standard estetici da “dover rispettare”. O, almeno, in teoria. 

Piggy: tutto si riduce all’orrore

Questo per dire che, da principio, Piggy sembrava un’opera che avesse in sé una consapevolezza e una riflessione insite nel disagio vissuto dalla protagonista, che avrebbero dato il via alle sequenze sanguinolente e letali della storia.

Alla fine, quel “sembrava” si trasforma molto velocemente in “poteva”, notando come l’intuizione prima (il corpo e la sua centralità) nella pellicola finisce per non aver nessun valore né sociale, né tanto meno politico (nella chiave della “politica dei corpi”), rimanendo un escamotage per dare solo il via al film dell’orrore.

Un'immagine dal film Piggy
Credits: I Wonder Pictures

Piggy è davvero un manifesto?

Sara, la protagonista interpretata da Laura Galán, è vittima di bullismo a causa del suo aspetto. Ed è vero che la sua corporatura è il motivo per cui non riesce a entrare in confidenza con le persone, rendendola chiusa e remissiva tanto fuori, quanto dentro casa.

Se Piggy dava l’impressione di poter rivoltare il disagio vissuto dall’adolescente attraverso gli stilemi del genere horror, alla fine riserva soltanto un esempio di come vengano declinati alcuni dei discorsi che più interessano la società, soprattutto giovanile, e quanto sia stato sprecato il non riuscire a rendere l’opera effettivamente un “manifesto” di tutte quelle persone che hanno dovuto subire le stesse pressioni. Senza dover ricorrere agli omicidi, sia chiaro. 

No, non è il solito revenge movie

Un'immagine dal film Piggy
Credits: I Wonder Pictures

In più il film ha un andamento depotenziato, che colpisce per le continue svolte inattese compiute dalla storia e dalla stessa protagonista, ma che non per questo compensano la parte inefficace incentrata sul focus del corpo. Il tentativo è cercare di rendersi insolito e intrigante, e il racconto ci riesce, ma proprio nei suoi personaggi e nella maniera di costruire i fili che li legano, Piggy manca l’obiettivo e sceglie di favorire la narrazione, rispetto alla rivalsa della protagonista, pur poi conquistandola.

Forse sarebbe servito essere più cattivi, forse serviva un racconto più ficcante. Alla fine Sara si rivela migliore di tutti gli altri, e questo ribalta la semplice formula del revenge movie. Ma era necessario, narrativamente, che vincesse la sua bussola morale? 

La semi-emancipazione di Piggy

Un'immagine dal film Piggy
Credits: I Wonder Pictures

Il problema è probabilmente qui: aver creduto che, estremizzando le conseguenze del venir toccati nella propria sensibilità, Piggy avrebbe dato una lezione ai suoi personaggi e, se pur lo fa, non dimostra abbastanza coraggio. Toglie anche un po’ di mano a Sara il timone con cui orientarsi, consegnandolo inizialmente a questa figura altra che la guida sulla via della semi-emancipazione, dandole l’opportunità di ribellarsi.

Tutto un po’ debole, nella forza che vorrebbe esprimere. E, per chiudere, resta solo lei, cosparsa di sangue. Ma questo lo avevamo già visto, sia nei continui poster del film, sia a più riprese nella storia del cinema. 

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